Convegno a Pollena Trocchia contro la violenza 2023: la struggente testimonianza di Maria Filosa

C ’è chi la vuole per una notte, c’è chi invece la prende a botte”: sono state proprio queste parole, tratte da una famosa, struggente canzone (Donna, cantata da Mia Martini), ad aprire, simbolicamente, il nuovo convegno contro la violenza a Pollena Trocchia. Una canzone che è stata colonna sonora di una ricerca di impegno, emblema dell’opposizione al trattare le donne come oggetti. Ancora una volta, infatti, nel comune vesuviano è stato particolarmente intenso e ricco di contenuti l’incontro che si è tenuto venerdì 24 novembre 2023, contro la violenza di genere verso le donne, e contro le violenze a tutto tondo, verso chiunque. In anticipo, quindi, di un giorno rispetto alla giornata mondiale contro la violenza alle donne, il convegno ha analizzato diverse situazioni troppo spesso ricorrenti, in modo consapevole e non puramente retorico. Era presente, tra coloro che sono intervenuti, pure lo stesso sindaco di Pollena Trocchia, Carlo Esposito. Nei vari interventi sono stati rimarcati l’importanza dell’educazione, per le madri di figli maschi, al rispetto per le donne, e quanto a volte la violenza verbale sia solo l’inizio, e preludio a quella fisica. La coscienza, infatti, dell’ignobilità della violenza, in tutte le sue forme, parte dalla piena coscienza che l’amore sia, primariamente, volere bene: non divide e non uccide. Un cammino ancora in salita, data la desolante realtà di una donna uccisa ogni tre giorni, ed indice di qualcosa che non vada nelle stesse famiglie, dove spesso si verificano le aggressioni, da parte di uomini, spesso, deboli e violenti, che cercano di compensare in modo negativo la propria perdita di potere. Un intervento di rilievo è stato anche quello di Maria Flocco, rappresentante della Consulta per la donna in Campania, che da tempo offe il suo impegno per il bene della comunità. In una società non più prevalentemente patriarcale, ma, a tratti, “liquida” e disgregata, frequentemente la violenza è frutto proprio dei “colpi di coda” dei residui patriarcali e soprattutto maschilisti, nel senso più discriminatorio; certamente, molte leggi sono state corrette da quando erano previste molte, troppe attenuanti per i cosiddetti delitti d’onore, fino al 1981, ed in realtà effetto di disonore e violento senso del possesso. Al riguardo, l’avvocatessa penalista Tiziana Fedele ha evidenziato quanto leggi migliori siano state promulgate, ma che, comunque, la strada sia ancora lunga da percorrere e non bisogna aspettare reati gravi soltanto prima di intervenire, ma bisogna porre maggiore attenzione anche ai cosiddetti “reati spia”: campanelli d’allarme da approfondire con attenzione. Del resto, lo stesso Codice Rosso prevede la possibilità della custodia cautelare in carcere, nei casi ritenuti più allarmanti. Rimangono fondamentali i centri anti-violenza, per offrire protezione fisica e naturalmente psicologica a donne e minori, cui deve essere infusa fiducia, anche in se stessi. Importante anche l’osservazione dell’energica e sempre attiva Annamaria Romano, per cui le risposte contro la violenza debbano giungere in primis dalla famiglia, poi dalla scuola, dalle istituzioni, dallo Stato. Interessante anche l’intervento di Carmen Filosa, maestra e professoressa dell’Istituto Comprensivo “Donizetti”, con circa 39 anni di servizio scolastico, oltre che assessora alle Politiche Sociali, che ha osservato quanto, spesso, famiglie e scuole siano troppo divise, in una società poco comunitaria, mentre il loro obiettivo per uno sviluppo positivo, costruttivo dei giovani deve essere comune. Dalla scuola, del resto, è auspicabile che emerga non solo istruzione, ma soprattutto educazione, nel significato etimologico di tirare fuori (dal latino “e-ducere”, “condurre fuori”): far emergere nel modo migliore la personalità dei ragazzi. Una società più comunitaria, del resto, può essere maggiore ostacolo all’insicurezza sociale, e maggiormente può fare per superare la paura. Si è quindi sottolineato quanto fossero auspicabili il sì al dialogo, il no agli schiaffi, ma comunque, un “no” anche alla mancanza di autorevolezza, in una visione improntata ad un equilibrio, nel rispetto dei ruoli. Un antidoto ad “amori malati”, in cui l’egoismo possessivo sia maggiore dell’amore, è dato dall’avere presente l’ideale di un altro tipo di amore, incondizionato: ad esempio, quello puro delle madri, che darebbero la vita per i propri figli. Qualcosa di molto diverso, quindi, da relazioni malate. A volte, invece, le donne prevaricate si sentono nell’errore, tendendo a coprire, e rischiando di non responsabilizzare abbastanza. L’assessora all’Ambiente, poi, ha ricordato Giulia Cecchettin, una delle più recenti vittime di violenza di genere, la cui vicenda ha suscitato grande scalpore, anche per il contesto di apparente normalità. Al riguardo, è stato ricordato quanto fosse indispensabile non solo proteggere le proprie figlie, ma soprattutto educare i propri figli maschi. In un certo senso, il caso di Giulia si presenta in quanto altamente simbolico: una ragazza brillante solare e generosa, il cui assassino, apparentemente tanto “presentabile e rispettabile”, quasi come in un contesto da “Mulino Bianco”, purtroppo invece di compensare in positivo le proprie carenze ha voluto togliere a lei. Una situazione insidiosa, in quanto lati ombra della personalità a volte appaiono molto minori delle loro reali dimensioni: tra questi, la distruttività, che ha portato a distruggere la vita di Giulia ed a rovinare la propria, come in un suicidio al rallentatore. Situazioni da cui scappare, quando comincino a palesarsi, ma purtroppo difficili da individuare nella loro reale entità. Il momento più forte e delicato insieme si è vissuto con la testimonianza, struggente, di Maria Filosa, che ha testimoniato la storia della mamma, Elda Terracciano, assassinata brutalmente a 21 anni dal marito, per senso del possesso, poiché non accettava di essere stato lasciato. Una panchina rossa era stata già posta nel 2020, in ricordo di Elda, dalle figlie, Maria ed Annarita, a testimonianza imperitura di un amore che non può morire. La tragica vicenda di Elda non è purtroppo rara nelle vicende di cronaca nera, ed addirittura da allora i femminicidi sono aumentati; tuttavia, è di rara forza d’animo la reazione di Maria, che, oltre ad onorare la memoria della mamma, ha sempre auspicato che il padre, Carlo Filosa, ufficialmente latitante, potrà un giorno dimostrare pentimento vero, liberandosi la coscienza. Maria Filosa, ha ricordato anche la parentela con la piccola Valentina Terracciano, uccisa involontariamente in un agguato di camorra… storie molto dure, di una terra bellissima, che, però, spesso è stata una polveriera, per l’intreccio tra devianza e disagio sociale, che in tanti casi si alimentano a vicenda. La stessa Maria, anni fa, era stata ferita, vittima innocente di un agguato di camorra, che aveva avuto quale vero bersaglio il primo marito, vittima di assassinio. Eppure, ed in un certo senso a maggior ragione, Maria ha scelto ancora di più di non rinnovare quei meccanismo, per non aggiungere male al male, ed ha ribadito l’importanza del non coprire i figli, quando sbagliano, e dell’importanza di fare tutto il possibile per tenerli lontani dalla droga: una piaga sociale che, coi suoi inganni e disinganni, rischia di fare perdere una giusta strada. Una madre-coraggio, Maria Filosa, che, quando uno dei figli ha rischiato di perdersi, una volta caduto nel tunnel della droga, stava cominciando ad incappare in una strada deviante, pur di procurarsi una dose, è intervenuta direttamente, affrontandolo senza coprire, ed affrontando coloro che rischiano di traviare anche tanti altri giovani. Pur avendo subito incomprensione e violenze, Maria Filosa ha dimostrato con i fatti quanto, di fronte a situazioni rispetto a cui molti rischiano di indietreggiare, l’importante è essere in pace con la propria coscienza. Maria Filosa, assieme ad altre madri che sono arrivate a chiedere l’intervento delle forze dell’ordine, pur di salvare i propri figli, che in futuro si ha fiducia capiranno la giustenzza di ciò, ed arrivare all’arresto di determinate situazioni, ha dimostrato con i fatti l’importanza primaria di non rassegnarsi ad una mentalità di fatalismo ed omertà. Un prendere le distanze dall’omertà, di cui prima non si capiva abbastanza l’importanza, ma che i fatti hanno fatto comprendere nel modo più netto. Il discorso di Maria, così, si è allargato a uomini e donne, coi quali essere solidali, perché il contrasto alla violenza deve essere a tutto tondo, oltre le distinzioni dei generi, perché ci sono donne, sì, ma anche uomini vittime di violenze: il suo pensiero è andato al papà di Melania Rea, la giovane donna assassinata dal marito, del quale è diventata amica; da dolori analoghi è sorta una solidarietà più grande. Il papà di Melania Rea, Gennaro, sarebbe dovuto essere lì quella sera, ma alcuni impegni di forza maggiore lo avevano trattenuto ad Ascoli Piceno. Inoltre, il ricordo di Maria è andato ad altre vittime di sofferenze, perché è proprio l’impegno solidale che rappresenta l’opposto dell’aggiungere dolore a dolore: nel suo cuore tutto quello che può contrastare la sofferenza delle persone è benvenuto, dall’aiuto ai bambini malati (è stata ricordata la struggente vicenda della piccola Angelica, la bambina di sei anni, morta per una malattia legata ad una anomalia cromosomica: una storia di grande dolore, che aveva toccato anche il Papa, all’epoca, all’epoca ricoverato nello stesso Policlinico), a donne, appunto, vittime di violenze. Un pensiero particolare è stato dedicato, da Maria, a Giulia Tramontano, assassinata in modo ignobile, assieme al suo bambino, Thiago, proprio dal suo compagno, che in modo distruttivo non voleva responsabilità, cioè proprio da colui di cui si era più fidata: il peggiore dei tradimenti. “Non c’è giorno in cui non pensi a Giulia”, aveva affermato, in modo eloquente, la stessa Maria Filosa. Oltre alle violenze più eclatanti, Maria Filosa ha ricordato anche quanto esistano violenze più sottili, velate, ma comunque tali, consistenti soprattutto nel togliere spazi… Al riguardo, anche la paura di mostrare di più la propria bellezza, magari indossando un pantaloncino più succinto, può essere una limitazione indotta dal timore di qualche eventuale contatto con qualche sconsiderato, che voglia provare ad interferire. In quando mamma anche di una ragazza di 17 anni, ciò che cerca di infondere è il rispetto di se stessa, senza autolimitazioni, quando non sentite. Ancora in tema con queste considerazioni, è stata letta, in modo ispirato, una poesia, diversa da quelle consuete, pur amate, di Alda Merini, ma in questo caso, invece, di Danilo Romani, sulle donne come Madonne, (“Maronne”, lasciato nel testo nell’idioma napoletano, con il suo calore e la sua espressività), che possono avere paura di camminare nell’oscurità, ma ci camminano lo stesso, essendo più forti di tale timore, superandolo, per avere libertà e ritrovando la verità di se stesse, di chi sono veramente, in una “aletheia”: dal greco, un disvelamento di verità. Il testo, scelto e letto dalla stessa Maria Filosa, esprime la bellezza del coraggio generoso ed altruistico, di donne come Madonne, appunto. E non a caso, era stata richiamata la stessa figura di un’altra Maria, cioè la Maria di Nazareth, la Madonna stessa, che nonostante il dolore, si dedicava con cure che richiamano il materno agli altri, anche assai oltre la propria famiglia: definita, appunto, nelle preghiere della tradizione, “Madre dolorosa”, ma anche e soprattutto “Madre di misericordia”, “Avvocata” , in senso morale, degli afflitti e dei peccatori da redimere, verso cui esprime conforto e clemenza. Una figura storico-religiosa che è anche emblema, modello archetipico, che evoca il ruolo di tante altre donne, nella stessa direzione. Un messaggio, quello del convegno del 24 novembre, contro l’indifferenza, perché “Gli altri siamo noi”, e nessuno, donna e uomo che sia, deve essere lasciato indietro. Parte finale dell’incontro c’è stato con una processione che ha raggiunto la panchina rossa dedicata ad Elda Terracciano, con la toccante deposizione di lumini, disposti a forma di cuore, e di fiori, in sua memoria. Un momento di preghiera comunitaria, con un Padre Nostro, una Ave Maria, ed un Eterno Riposo, oltre che di impegno civile. Momenti, quindi, di profonda comunione con gli altri, ed anche, però, dopo, momenti lieti, di condivisione, di un dolce simbolo del tessuto sano della società: un panettone denominato “Vesuvio”, con cioccolato fondente e confettura di pomodori vesuviani, creazione dell’imprenditore Umberto Perillo. Del resto, essenza della vita stessa è un inestricabile intreccio di gioie e dolori, momenti di riflessione profonda e spensierati; quello che conta, però, è che le priorità siano per la fioritura del bene comune. Un incontro, quindi, molto partecipato, reso possibile anche dal contributo dell’associazione socio-culturale “Graffito d’Argento” di Annamaria Romano, della Croce Rossa Italiana, della LILT (Lega Italiana per la Lotta ai Tumori, che pure vede un ruolo della stessa Annamaria Romano) ed altre ancora, per il sociale, al fine di costruire una realtà migliore. [Questo articolo è stato pubblicato sul giornale telematico "Caserta24ore" e sulla rivista trimestrale "La Civetta" (in formato elettronico)]



Antonella Ricciardi