Articolo su Barak e sulla profanazione della tomba di Al-Maghrebi

S ovente si è notato che tanta parte, nel conflitto tra sionisti ed arabi, ed anche in un ambito più ampio, riguardo i rapporti tra Ebraismo e mondo moderno, hanno avuti mezzi di comunicazione di massa, nel cercare di orientare le pubbliche opinioni.

L'ex primo ministro ebreo israeliano Ehud Barak

Si è trattato di un ruolo non poche volte non positivo; c'è da tenere presente, a questo proposito, che il Medio Oriente è il campo più censurato nel mondo dell'informazione. Certo, se ne parla molto, ma spesso anche molto male. La Palestina infatti è un luogo dove più si è accanita la propaganda, insensibile di fronte ad un popolo, quello palestinese, che non considera in vendita la propria terra, nè tanto meno può accettarne l'espropriazione violenta. Un ritorno in grande stile della peggiore propaganda c'è stato con il cosiddetto processo di pace, ed in particolare con i negoziati di Camp David, che hanno visto una diffusa acritica esaltazione della figura dell'allora primo ministro ebreo israeliano Ehud Barak, descritto come un eroe di pace, respinto da un "ingrato" Arafat. A parte il fatto che le offerte del premier d'Israele non erano poi così vantaggiose, dato che lo stesso consulente legale della delegazione palestinese tra il 1991 ed il 1993, l'americano Francis Boyle (docente di Diritto internazionale presso l'Università di Bloomington, in Illinois), definì corrispondente ad un bantustan l'offerta di Barak, è utile, per comprendere meglio in che modo si sia arrivati a ciò, conoscere meglio il passato di Ehud Barak. Naturalmente non si tratta di trascorsi esattamente eroici: Barak è l'assassino di Beirut e Tunisi… il riferimento è al suo ruolo nell'assassinio del poeta ed attivista politico palestinese Kamal Nasir, assassinato nella capitale libanese nell'aprile 1973, nel sonno, assieme a diverse altre persone che abitavano nello stesso stabile, tra cui una donna italiana, in Rue Verdun, ed ad un altro triste episodio, cioè l'assassinio dell'amato leader Abu Jihad, in quella capitale nordafricana, nel 1988.


Un altro episodio riguardante Barak, che merita di essere più noto, e che dimostra ancora una volta quanto la stragrande maggioranza delle volte la realtà superi la fantasia, fu la sua raccapricciante profanazione della tomba di una combattente palestinese morta n ella Striscia di Gaza, Dallal Al-Maghrebi. Il drammatico episodio avvenne nel 1978, scaturendo in risposta alla voce popolare che le tombe di alcuni martiri si fossero "mosse" miracolosamente. Desiderando irridere alle illusioni popolari, l'esercito ebraico tirò fuori Dallal dalla tomba. L'aspetto più sconcertante fu che a compiere l'estrazione del corpo della martire fu Barak in persona, esibendo un sorriso di scherno. Questo sfregio in un luogo sacro quale un cimitero ebbe anche un aspetto simbolico, volendo significare un inebriante senso di onnipotenza. E questo sarebbe un moderato, nel senso di una persona di buon senso? Qualunque persona onesta e razionale può soltanto negarlo. L'esempio di Barak, naturalmente, non mancò di fare scuola, con la diffusione anche della scritta "Born to Kill", nato per uccidere, sulle fronti di molto militari israeliti. Oltretutto, l'insano ma crudelmente lucido gesto di Barak non è un caso isolato: numerosi centri israeliani sono sorti su cimiteri palestinesi, per cercare di cancellare il più possibile le tracce della presenza della popolazione autoctona; risale a poco tempo fa, inoltre, la notizia della profanazione della tomba di un religioso palestinese cristiano, del villaggio di Kafr Biram, in Galilea.

L'isrealiano Barak mentre profana la tomba della combattente palestinese Dallal Al-Maghrebi

L'esponente palestinese Abu Jihad, una delle vittime di Barak...

E', questo, un modo per colpire i ricordi e quindi l'identità nazionale stessa, nei confronti di una cultura, quella palestinese, che ha un'alta considerazione della memoria dei morti, specie dei martiri, e nella quale la cura dei cimiteri, dove le tombe dei mussulmani sono orientate verso La Mecca in prospettiva del giorno della resurrezione (nella religione islamica anche esiste il concetto di resurrezione della carne, comune al Cristianesimo pure), è considerato atto di pietà e di devozione. I comportamenti di Barak e della sua cricca sono stati quindi plateali (inoltre sotto di lui ci sono stati più insediamenti che sotto il Likud, la destra israeliana), ma la propaganda sionista non ha smesso di presentare gli attivisti israeliani come vittime, non esitando a fare uso di accuse non provate date come certe, e quindi di vere e proprie calunnie. A proposito di profanazioni, si può ricordare quando, senza alcuna prova, si dette per scontata una qualche voluta influenza di Priebke nell'atto di ignoti profanatoti di tombe ebraiche a Roma. Ancora a proposito di Priebke e di manipolazioni mass mediatiche da parte di apparati sionisti e filosionisti nei suoi confronti, è molto interessante ricordare queste dichiarazioni, naturalmente poi rivelatesi false, e che sembrano uscite dalla fantasia del francese marchese De Sade, per il loro mix di sadismo e di richiami al sesso: "Mi costringeva a fare flessioni, nuda, mentre i suoi uomini mi pungevano con una baionetta e mi chiedevano se leggevo la Bibbia" (racconto dell'ebrea Enrichetta Comincioli, riportato dal giornalista Claudio Gatti, su Sette, supplemento del Corriere della Sera, del 30 maggio 1996). Si tratta di un accanimento che decisamente stride con la coraggiosa e nobile dichiarazione di Adriana di Montezemolo, che assieme ai fratelli (uno dei quali Nunzio apostolico nelle terre della Palestina storica), ha preso la decisione di non costituirsi parte civile nel processo nei confronti di Erich Priebke.


Decisione difficile, data la fucilazione del loro famoso congiunto, partigiano monarchico, alle Ardeatine. Ecco la dichiarazione di Adriana Montezemolo, risalente a pochi anni fa, che, dopo avere dichiarato che trova Priebke un capro espiatorio, aggiunge: "Dopo 50 anni, che senso ha questa vicenda? Non mi piace il clima di esaltazione che c'è, non condivido l'idea dell'occhio per occhio. La mia famiglia è cattolica. Ho, abbiamo già perdonato. Da molto tempo". La posizione di Adriana non è isolata, ad esempio è stata fatta propria anche da Liliana Gigliozzi, che ebbe un fratello molto giovane fucilato alle Ardeatine, la quale ritiene Priebke un perseguitato, e gli regalò anche alcune delle bambole artigianali da lei confezionate.... La Gigliozzi partecipò peraltro all'incontro a favore della grazia al capitano nazista Priebke, nel marzo del 2004.

Ritratto del poeta ed esponente politico palestinese Kamal Nasir


L'americano Francis Boyle, consulente legale dei delegati palestinesi

Passando dalle calunnie verso Priebke (definite tali anche dai tribunali italiani, non certo predisposti in modo tenero verso Priebke) all'orrore reale della prepotenza di Ariel Sharon, ecco quanto questi ha dichiarato a proposito dell'influenza della lobby ebraico-sionista sugli U.S.A.: "Ogni volta che facciamo qualcosa, mi dicono che l'America farà questo e farà quello... Io voglio dirvi qualcosa di molto chiaro: non mi preoccupo riguardo la pressione americana su Israele. Noi, il popolo Ebraico, controlliamo l'America, e gli Americani lo sanno" (dichiarazione resa il 3 ottobre 2001).Più che Israele filoamericano, è quindi, decisamente, l'America ad essere controllata dai sionisti: si tratta di una differenza enorme, perchè non si tratta di episodi sporadici, e perchè Israele non può essere considerato simile a certe cosiddette repubbliche delle banane latinoamericane, con governi filoamericani per corruzione e lusinghe, ma con popolazioni in gran parte anti-imperialiste....Un'influenza sionista così profonda non sarebbe possibile senza l'aberrazione del cristiano-sionismo, cioè di quella tendenza a dare la stessa importanza all'Antico Testamento ed Nuovo Testamento, estranea ad un autentico Cristianesimo. Ecco un risultato del cristiano-sionismo, espressa da questa dichiarazione del predicatore Pat Robertson: "Israele? E' nei piani di Dio. Gli Arabi? Sono alleati di Satana". E' lampante che simili dichiarazioni non possano che approfondire i solchi ed incentivare il vittimismo israeliano: a questo proposito ecco un interessante sondaggio del quotidiano israeliano Maariv: anche se l'85% degli israeliani è entusiasta di entrare nell'Unione Europea, nonostante la collocazione asiatica del territorio israeliano, addirittura il 75% di questi candidati considera la stessa U.E. una potenza che mimetizza la propria ostilità al Giudaismo sostenendo il popolo palestinese.
[Questo articolo è stato pubblicato sui seguenti giornali: Avanguardia, il Quotidiano di Caserta, Rinascita, L'Altra Voce, Ciaoeuropa]



Antonella Ricciardi