Gli Stati Uniti d'Israele

I deologia portante degli Stati Uniti d'America, non tanto dal periodo della rivoluzione del 1776-1783, ma soprattutto dalla fase dell'espansione nel West ai danni degli indigeni pellirosse, è stato il così definito "americanismo".

Con questo termine s'intende una concezione "eccezionalistica" del ruolo della nazione statunitense, considerata come un secondo Israele, destinata ad imporre la propria "way of life" al resto del mondo. Si tratta di una concezione diffusa soprattutto negli ambienti del partito repubblicano e nel profondo Sud del Paese, con un indice di gradimento particolarmente alto in Texas e negli ambienti cosiddetti wasp (white anglosaxon protestant), considerati spesso gli eletti all'interno di una nazione privilegiata a propria volta. Caratteristica dominante dell'americanismo è l'ingerenza negli altri Stati, inizialmente nelle vicine nazioni latinoamericane (considerate il "cortile di casa" degli Stati Uniti ed una sorta di "repubbliche delle banane"), e sempre più spesso anche negli Stati più lontani. I motivi addotti a tale interventismo sono l'instaurazione della democrazia e delle libertà, ma chiaramente le cause reali sono tutt'altro che queste e tutt'altro che nobili, dato che gli interventi americani si verificano in regioni ricche di risorse naturali da controllare: direttamente tramite interventi militari, agli inizi, poi tramite governi collaborazionisti (il caso più recente ed uno dei più tragici di questa strategia imperialistica è stato l'aggressione all'Irak). Una riprova che gli USA non abbiano quali priorità le libertà civili viene dal sostegno a numerosissime dittature, tra cui numerosi governi della penisola arabica, in primis all'Arabia Saudita, molto repressiva all'interno e con un governo asservito agli americani all'esterno (nonostante tutti questi governi a parole supportino la causa palestinese). Naturalmente nel popolo saudita e così negli altri popoli della penisola arabica ci sono molte persone splendide, umane, ed i sentimenti più profondi di quei popoli sono antisionisti ed antiimperialisti. Tuttavia, i loro governi sono inclini alla vicinanza agli americani, è innegabile....

Ariel Sharon e George Bush Jr

La scrittrice indiana Arundhati Roy

Eppure, tornando alla politica in America, storicamente l'"Old Rigt" statunitense fu isolazionista, seppure all'interno del Paese fosse diffusa la segregazione razziale (soprattutto verso i pellirosse, isolati nelle riserve, e verso i neri, emarginati nei ghetti). La svolta avvenne con Woodrow Wilson, ispiratore della Società delle Nazioni dopo la Prima Guerra Mondiale, che sotto il velo dell'idealismo umanitario nascondeva mire imperialistiche sul mondo. Purtroppo, l'americanismo si consolidò anche a causa di una distorsione religiosa: in contraddizione con l'egualitarismo antidiscriminatorio cristiano, molti americani, di solito di radici protestanti, pur nominalmente cristiani, si rifecero più all'Antico che al Nuovo Testamento. Di qui la concezione, in fondo anche anticristiana, del popolo americano detentore di un destino eccezionale, al di sopra ed al di là delle altre nazioni. Ecco un altro motivo dell'altrimenti solo parzialmente spiegabile profonda influenza della lobby ebraica, la cui principale organizzazione è la potentissima "Anti Defamation League" e uno dei cui principali esponenti è il rabbino Marvin Hier, tra i principali elementi di pressione che portarono all'estradizione di Priebke dall'Argentina in Italia: estradizione illegale. Quest'egemonia non si comprende soltanto con i pur numerosi posti d'élite occupati dagli ebrei ivi (pur sempre 6 milioni su 200 milioni d'abitanti: nella Russia zarista, che un tempo era il Paese col maggior numero di ebrei, essi rimasero invece decisamente in disparte). L'acritico sostegno alle criminali politiche sioniste da parte americana non è quindi soltanto colpa delle potenti organizzazioni ebraiche e della passività e disinformazione dei più, ma è un problema molto più grave e profondo.

Il triste elenco dei politici americani succubi di questa concezione è lunga: si va dal vicepresidente Dick Cheney a Donald Rumsfeld a Paul Woolfowitz, passando per M. Leeden, esponente di spicco del filosionista "American Enterprise Institute" allo stesso George W. Bush, arbitrariamente definitosi "cristiano rinato", cioè moralmente rinnovatosi nello scontro contro un nemico al quale egli attribuisce spesso tratti di tipo metafisico. "Nello scontro tra il bene e il male Dio non è neutrale" dichiarò infatti Bush al Congresso il 20 settembre 2001, nella sua esaltata retorica... e la divinità cui fa riferimento realmente è quella degli ebrei più che qualunque altra. A riprova di questa concezione diffusa, si può ricordare, facendo un passo indietro, la circostanza che i responsabili inglesi (sodali degli americani in tale concezione politico-religiosa) dell'immane ed orrifica strage di Amburgo (circa 50.000 civili tedeschi uccisi, senza che vi fossero ivi obbiettivi militari di rilievo) denominarono quell'atto "Operazione Gomorra". Queste tesi non paiano eccessive: sono del resto documentate in modo magistrale proprio da uno studioso originario del mondo anglosassone, John Kleeves, tra le cui opere più interessanti ricordiamo "Sacrifici umani" proprio a proposito dei bombardamenti terroristici (pubblicato da "Il cerchio" di Rimini nel 1993) ed "Un Paese pericoloso" (edito dalla società editrice Barbarossa, e dal sottotitolo "Storia non romanzata degli Stati Uniti d'America").

Il leader afro-americano Louis Farrakhan della National of Islam

Woodrow Wilson

Inoltre, il religiosissimo Harry Truman ordinò l'attacco atomico contro Hiroshima e Nagasaki, finora ineguagliato crimine nucleare: per risparmiare vite di militari, si permise così un olocausto di civili di inusitate proporzioni.... Un'altra eredità di matrice ebraica (veterotestamentaria e talmudica) che è stata adottata da una parte rilevante della società america è il puritanesimo in campo morale. Questo puritanesimo il più delle volte è semplicemente di facciata (sia la società statunitense sia quella ebrea israeliana sono in realtà tra le più disinvolte nell'ambito del costume). Rimane però la circostanza che certe norme tradizionali facenti parte della religione ebraica, che prevedono l'uccisione per persone delle quali venissero provate infrazioni di carattere sessuale (ad esempio c'è la lapidazione per chi non è vergine per il matrimonio e per le persone adultere: in alcuni testi solo per le donne, in altri per uomini e donne; anche omosessualità, incesto e prostituzione vengono considerati meritevoli della pena di morte), pur non essendo divenute parte di alcun gruppo cristiano (e pur non essendo attualmente applicate), in qualche modo influenzano indirettamente certi ambienti americanisti filosionisti e di origine calvinista (secondo l'eresia calvinista, vi è anche una predestinata preferenza divina che si manifesta con il successo nel mondo).

Di qui, da tale puritanesimo, il dato che il metodo preferito per "impallinare" presidenti ed aspiranti tali siano gli scandali di natura sessuale. Tuttavia, il colmo di "stranezza" è stato raggiunto da questi ambienti cristiano-sionisti (si tratta quasi di un ossimoro, dato che sarebbe molto più proprio definire un non ebreo seguace del sionismo tutt'al più filosionista, dato il carattere nazionalista ebraico di questa ideologia) con le recenti dichiarazioni del predicatore americano Jerry Falwel, a proposito dell'attività della Bible Belt a favore dei "christian zionists". Secondo quanto riportato dal giornale francese "Le Figaro" il 10 aprile 2003, Falwel considera la creazione d'Israele il più bel giorno dopo la venutà di Gesù. Preso dalla propria lettura letterale della Bibbia (senza alcuna interpretazione allegorica e non alla luce dei Vangeli), Falwel proclama il proprio incondizionato sostegno allo Stato ebraico, in modo che la riunificazione nella terra per loro promessa porti anche "il completo sterminio degli ebrei nel tempio ricostituito" per volontà divina, quale segno della felice fine dei tempi. In pratica, per Falwel ed i suoi seguaci la venuta d'Israele è un segno della fine del mondo: un modo per accelerare la fine del mondo è aiutare il consolidamento dello Stato ebraico... la fine del mondo sarà suggellata (ed è visione comune all'escatologia cristiana ed islamica) dalla fine nel tempio. Verrebbe da chiedersi cosa ne pensino gli ebrei stessi di tali provvisori sodali.... Ci sono prospettive di reale opposizione all'interno degli stessi USA a questo incondizionato filosionismo? In realtà molto poche. Tra i pochi gruppi che si battono contro l'ideologia della guerra preventiva e per ben altra pace rispetto a quella falsa incensata dai potenti (al cui proposito si potrebbe ricordare lo storico latino Tacito, e la sua famosa frase: "Fecero un deserto e lo chiamarono pace"), possiamo ricordare pochi bianchi (tra questi il regista del documentario "Farenheit 11 settembre" Michael Moore, realizzato con immagine vere, appunto) ed un numero in percentuale più alto di esponenti delle minoranze, ad esempio le "Pantere Nere" (afroamericani) e soprattutto la "Nation of Islam" di Luis Farrakhan, gruppo nero-americano islamico.

Bimba pellerossa

Infine, per ricordare quanto sia falso il postulato che gli USA siano portatori disinteressati di civiltà nel mondo, ricordiamo le efficaci e belle parole della scrittrice indiana Arundhati Roy, che rivolgendosi al giornale britannico "The Guardian" nell'aprile 2003, dichiarò: " Caduto il regime di Saddam Hussein, è probabile che qualcuno danzi nelle strade di Bassora. Ma se casca il regime di Bush, si danzerebbe in tutte le vie del mondo". [Questo articolo è stato pubblicato sui seguenti giornali: Avanguardia, Rinascita, L'Altra Voce, il Quotidiano di Caserta, Ciaoeuropa, Caserta24ore, Deasport, Il Popolo d'Italia, Napolibera]



Antonella Ricciardi