Intervista a Gianfranco Franchi

Gianfranco Franchi

"Vivo per la bellezza e l'intelligenza": questa frase emblematica, enunciata recentemente e pubblicamente da Gianfranco Franchi, potrebbe indicare per diversi aspetti lo spirito che pervade il suo più recente libro, "Pagano" (Edizioni Il Foglio, Piombino 2007)... un'opera letteraria che stupisce, in parte autobiografia ed in parte romanzo: uno zibaldone di stili e linguaggi, da quello popolare e dialettale ai versi della poesia, e non solo. Anche quando narra di vicende prettamente personali, il testo di Franchi riesce a creare interesse e senso di rispecchiamento in chi vi si accosti con spirito di partecipazione e sensibilità, per il suo trattare di situazioni con valenze archetipiche, con aspetti simbolici tali da potere richiamare, nella loro particolarità, valenze universali, secondo lo schema dei romanzi di reale spessore. Triestino di nascita e romano di residenza e cultura, questo giovane autore (nato nel 1978) è laureato in Lettere Moderne, ed ha già pubblicato altre opere letterarie: i libri di poesia "L'imperfezione. Opera 3" (2002) e "Ombra della fontana" (2003), oltre che il testo di narrativa "Disorder-Unknown pleasures"" (edito dallo stesso editore di "Pagano", nel 2006), e parte di una trilogia il cui terzo volume non è stato ancora pubblicato. Gianfranco Franchi, che ha ricevuto l'apprezzamento di alcuni importanti nomi della letteratura italiana contemporanea (tra i quali Francesca Mazzuccato, autrice di una delle due postfazioni al testo), è stato anche editore, ha svolto il ruolo di coordinatore delle riviste letterarie universitarie "Ouverture" e "Der Wunderwagen" ed attualmente cura il sito www.lankelot.eu, dove scrive recensioni di opere letterarie, cinematografiche e musicali, oltre ad esprimervi quello stesso anticonformismo politico che appare anche in "Pagano", con in particolare l’avversione verso la destra ultracapitalista, filosionista ed americanista, oltre che nei confronti della sinistra conformista ed intollerante.

1) Nel tuo libro "Pagano" emerge un senso di estraneità rispetto al mondo della politica che conta, sia riguardo la destra liberista, espressione di un capitalismo assoluto che nega basilari diritti sociali e pregiudica il futuro di una giovane generazione resa di precari per forza, che rispetto ad un certo mondo di sinistra, considerato modaiolo e dogmatico. Questo senso di estraneità si ha la certezza che tu lo avverta anche di fronte ad una certa struttura ecclesiastica, oltre che nei confronti del modo in cui molti italiani percepiscono se stessi, cioè senza avvertire in modo profondo un sentimento di appartenenza nazionale. Spesso, nell'opera, ti sei definito "un'isola", non a caso: ti chiedo allora se hai considerato qualche volta fattibile un'opposizione collettiva a certe realtà di fatto... ad esempio, se pensi che dei piccoli partiti al di fuori dei Poli possano incidere almeno parzialmente per modificare in meglio almeno alcune di queste situazioni, se credi che ad esempio misure quali lo sciopero fiscale possano essere prese in considerazione, e così via....

Opposizione collettiva… non ci credo, no, può esistere soltanto nell’ordine di sparute minoranze. Non ho nessuna fiducia nella maggioranza dei nostri concittadini e non mi illudo più di niente. Il disastro che sta massacrando la nuova generazione si fonda su diverse gravi corresponsabilità; prima e più grave quella degli italiani che credono nella politica partitica, che credono nella “democraticità” dello strumento del voto e che avallano implicitamente tutta una serie di riforme del diritto dei lavoratori. Allo Stato Moderno serve il placet di quelle che i leader dei partiti chiamano “masse”. Le masse si addomesticano, territorio per territorio, media per media. Le masse sono bestiole odorose e utili.

Lo Stato Moderno è il nemico da distruggere. Quando il cittadino è diventato “massa”, significa che il cittadino è servo di un tiranno.

Quanto ai movimenti extraparlamentari, so che sono condannati, dal sistema stesso, all’autoreferenzialità. Tutto sembra pianificato per annullare le voci libere e indipendenti: estranee, quindi, al giogo dell’industria e dei vecchi partiti di massa. Uno sciopero fiscale nostro avrebbe senso: ma più senso ancora avrebbe battersi per la distruzione delle tasse versate a uno Stato fantoccio, vassallo degli invasori dal 1943, composto per corruzione, nepotismo, clientelismo e tutela dei privilegi delle oligarchie, sprechi e abusi.

Cosa c’è da salvare sul territorio italiano? Storia, folklore, tradizioni: qualsiasi cosa, Letteratura inclusa, appartenga alla sfera della cultura: eccetto lo Stato. Eccetto i partiti. Eccetto i milioni di dipendenti statali, burocrati che campano sulle spalle di noi tutti, rivendicando periodicamente aumenti (…). È ora di far capire loro come si sta dall’altra parte della barricata, sotto padrone privato… con le leggi che loro stessi hanno spesso contribuito a far approvare. Venite con noi, divertiamoci assieme. Tutti partite Iva, o tutti precari. Forza…

2) In Pagano si alternano stili narrativi molto diversificati: si passa ad esempio da registri che potrebbero aderire allo stile diaristico (ad esempio nei brani dedicati all'esperienza liceale) ad altri sperimentali che ricordano ad esempio la prosa de "Il male oscuro" di Giuseppe Berto, per i pensieri che vengono esposti l'uno dopo l'altro, a ritmo serrato, ed evitando l'uso della consueta punteggiatura, alla deformazione delle immagini di persone conosciute in immagini grottesche e simboliche in forme animali (il che potrebbe ricordare le immagini alterate, in quel caso involontariamente, dei ricordi infantili della notissima pellicola "Amarcord" di Fellini, come ricordato in una delle due postfazioni, quella di Patrick Karlsen). Altre esemplificazioni di questa varietà di toni sarebbero possibili, mentre anche la lingua che adoperi varia a seconda delle situazioni e degli stati d'animo descritti: ad esempio, nel testo ci sono brani in poesia che sottolineano determinati concetti e convincimenti, vengono raccontati dialoghi in dialetto romanesco di particolare immediatezza ed espressività popolare, ecc... Il libro, quindi, è stato progettato in maniera così composita fin dall'inizio, o si è trattato, almeno prevalentemente, di una costruzione che ti si è autorivelata gradualmente in queste forme?

Parte dell’opera deriva da scritti precedentemente composti; rimasti come bozze caotiche nelle mie cartelle, o pubblicati come frammenti nel blog “Al Sangue”, dove scrivevo con Simone Buttazzi e Paolo Mascheri. Quando ho deciso di assemblare pagine vecchie e nuove in un’opera unica, amalgamandole, avevo in mente di forgiare un’opera capace di essere da un lato pamphlet satirico, politico, esistenziale, nella prima parte; dall’altro narrativa pura, trasfigurazione del non è. In un certo senso, quindi, l’architettura era: prima metà non fiction, con inserti fictionali; seconda metà pura fiction, con inserti di poesia. Naturalmente la famosa cena non è mai avvenuta, né ho mai avuto un tipografo-tentacolo, né ho parlato col genius loci del mio quartiere. Purtroppo molti recensori non hanno finito di leggere il libro e si sono fermati alla prima metà. Niente di nuovo… ma questo spiega la medietà di certe analisi che ho letto qua e là. Assieme all’ideologia, che ha un po’ massacrato le interpretazioni dei marxisti e dei comunardi, in generale. Come previsto…

3) Nelle pagine di "Pagano" concedi a chi legga l'intima confessione di avere pensato seriamente al suicidio: senza volere entrare necessariamente nelle motivazioni profonde che ti avevano portato ad uno stato di così lucida disperazione (ma che forse in parte emergono nel libro stesso, a proposito del senso di non identificazione con il tuo tempo, che anche secondo importanti studi di sociologia è tra le motivazioni più ricorrenti per questo gesto estremo), mi domando e ti chiedo se proprio la pratica della scrittura possa averti aiutato a dare un senso al tuo disagio esistenziale...

Quando ero più giovane, senza dubbio la scrittura mi aiutava a ordinare la realtà, e a decifrare i miei sentimenti: esorcizzando i miei spettri. Adesso non mi serve più a molto, da questo punto di vista. Quel pensiero che nomini è fisso, presente e dominante, ma non credo di essere il solo a conviverci. Spero sia il contrario, chiaramente. D’altra parte quel pensiero è energia da trasformare, è amore per la vita, smania di vederla cambiare, di trovare senso. È necessario, quel pensiero, serve a prendere le giuste distanze da tutto e a esaltare l’attimo, a vivere con intensità. L’unica ragione di rifiuto di quella scelta è vincolata al senso di responsabilità. Nei confronti di tutto quel che è normale immaginare e non serve nominare. Ma è una scelta che ho sempre molto ben presente, e quando la dimentico bussa. Non posso ammaestrarla, almeno non del tutto…

È doloroso e magnifico ma molto stupido restare in vita e combattere, restando al proprio posto a dispetto dei propri desideri. D’altra parte non vorrei rientrare tra i “suicidi egoistici” di Durkheim. Né dare adito ai pettegolezzi, che ovviamente detesto. La morale della favola è che, come sospettavamo tutti, non si può nemmeno crepare in pace. Già… si direbbe che si debba andare fino in fondo. Andrò, cantando con gli Afterhours “La vita è un suicidio, l’amore un rogo. Voglio un pensiero superficiale che renda la pelle splendida”.

4) Ci sono dei particolari messaggi presenti in Pagano che consideri non siano stati finora adeguatamente colti da chi abbia scritto di questo tuo libro?

Sì. Ma non ha importanza. Si vede che serviranno una o due generazioni. Io ho scritto che uno dei limiti del nostro sistema è l’incapacità di rivendicare l’appartenenza delle persone ai loro territori; e ho parlato del loro snaturamento implicito nel momento del trasloco coatto, per vivere e lavorare. Chi ha letto ha capito cosa ho scritto? Ho scritto statevene a casa, che l’economia è una menzogna che massacra gli affetti; e che valgono più gli affetti e i vostri microcosmi di qualunque opportunità lontano da casa, di norma. Di norma, eh? Le eccezioni non contano. Siamo nell’epoca dei nuovi emigranti: lo Stato ci chiama “bamboccioni”, se restiamo a casa nostra a cercare di vivere dignitosamente nei nostri ambienti naturali. Na-tu-ra-li. Ora, se non vi insospettisce una cosa del genere… che sia proprio il Gran Padrone delle nostre vite a invitarci a perdere tutto per vivere l’avventura… ché il Gran Padrone ha sbagliato le riforme, e non sa come tornare indietro… e tanto le vite sono le nostre, chi schioppa non è un ministro.

5) Sei autore pure di altre opere letterarie: i due libri di poesie "L'imperfezione. Opera 3" e "Ombra della fontana", e quello di narrativa "Disorder" (che, assieme a Pagano e ad un volume di futura pubblicazione, costituirà una trilogia). Ci sono dei fili conduttori particolarmente significativi che leghino tutti questi libri?

La letterarietà. Io sono un letterato e scrivo per i letterati. Se qualcosa filtra altrove, magnifico. Ma so già che non servo ad altro che agli artisti e ai letterati in primis, e per loro esisto e scrivo. Non baro, non ti dico che scrivo per tutti. Ti dico che tutti possono leggere, per carità: ma tanto non ci capiscono un cazzo lo stesso, perché finiscono per capire solo quello che serviva loro, o solo quello che volevano. Succede… dicono sia un problema insito nell’essenza del linguaggio.

Grazie per la disponibilità, ti sorrido.

[Questo articolo è stato pubblicato sui giornali Caserta24ore, Qui Calabria, Corriere di Aversa e Giugliano, Iniziativa Meridionale, Italia Sociale, Ciaoeuropa]



Antonella Ricciardi , 28 ottobre 2007