Recensione Autobiografia Erich Priebke <<Vae Victis>> (Guai ai Vinti)

L 'autobiografia di Erich Priebke, uscita sul finire del 2003, che ricostruisce la vita ed il caso giudiziario del capitano delle SS, (e che contiene anche, in appendice, degli approfondimenti di Paolo Giachini, procuratore legale dello stesso Priebke) riapre il dibattito sulla tormentata vicenda processuale che ha visto, per l'ultima volta, un militare del Terzo Reich davanti ad un tribunale. Il volume, in vendita al prezzo di 20 euro (modico, considerando le 893 pagine), offre anche la possibilità di approfondire con un filmato, sotto forma di dvd o videocassetta vhs, in omaggio (si pagano solo le spese d'invio), da richiedere con una cedola interna al libro.

La parte autobiografica costituisce un documento storico di grande interesse, nel quale lo stesso Priebke racconta del regime nazionalsocialista, al cospetto di gerarchi quali Himmler, Goring, Heydrich, fino alla parte avuta nella liberazione di Mussolini sul Gran Sasso, ed al ruolo svolto alla sede della Gestapo di via Tasso (L'Aussenkommando Roma, sotto il comando del colonnello Herbert Kappler). Nella parte autobiografica emerge la figura di Erich Priebke quale uomo del suo tempo, influenzato da illusioni e speranze della sua epoca, ed anche con alcuni tratti di dolcezza nel carattere, molto diversa dall'immagine caricaturale datane da tanti giornali. Soprattutto, il libro è una documentatissima ricostruzione del caso giudiziario di Erich Priebke, condannato all'ergastolo (attualmente è agli arresti domiciliari) per il suo ruolo svolto nella rappresaglia delle Fosse Ardeatine, durante la quale uccise due ostaggi. Nel libro viene evidenziata, in particolare, la discordanza tra la sentenza di ergastolo nei confronti di Priebke ed il processo a Kappler del 1948, che vide sì il colonnello tedesco condannato all'ergastolo, ma non per l'eccidio delle Fosse Ardeatine in sè, ma per l'errore dei cinque ostaggi fucilati in più, e per il fatto di avere ordinato autonomamente la fucilazione di altri dieci ostaggi dopo la morte del trentatreesimo militare del gruppo dei "Bozen", morto in ospedale in seguito all'attentato partigiano di via Rasella. La rappresaglia delle Cave Ardeatine venne considerata ordine di Hitler, ed oltre a Kappler (chiaramente superiore in grado a Priebke) vennero assolti, per quel tragico episodio, con formula piena, altre cinque SS. Tra i cinque c'era un superiore di Priebke, il maggiore Domizlaff ed un suo superiore per anzianità, anche se di pari grado, il capitano Clemens.

Copertina dell'Autobiografia di Erich Priebke dal sottotitolo <<Vae Victis>> (Guai ai Vinti)

Gli esecutori della rappresaglia furono circa 70, e tutti gli altri circa 65 esecutori non furono quindi perseguiti dalle autorità italiane. E' da notare, inoltre, che le cinque SS furono assolte anche in considerazione del fatto che credevano di avere obbedito ad un ordine legale. La rappresaglia, infatti, faceva parte del diritto consuetudinario di guerra (nonostante contemporaneamente la Convenzione di Ginevra vietasse l'uccisione di prigionieri di guerra). Anche se non tutto ciò che è legale è anche in accordo col diritto naturale, non si possono non prendere in considerazione questi dati. Addirittura, il tribunale di Norimberga, che pure aveva processato solo gli sconfitti e non aveva perseguito anche i crimini dei vincitori, aveva considerato equa la proporzione di dieci ad uno per la rappresaglia, ed aveva addirittura considerato illecito l'attentato partigiano dei GAP di via Rasella, in quanto compiuto in violazione dell'accordo che faceva di Roma città aperta. Come commentare tutto ciò? Certo sarebbe stato meglio se tante vite, sia nella rappresaglia delle Fosse Ardeatine, sia in altre rappresaglie sia in altre tragedie ancora, non fossero state così tragicamente recise, ma è pur vero che sia iniquo nei confronti di Erich Priebke non prendere in considerazione che egli abbia agito per un ordine superiore, sotto la minaccia di Corte marziale e con chiarissimo rischio di fucilazione (come esplicitato dal militare Schutz). Erich Priebke all'epoca della rappresaglia non sapeva che nella lista dei morituri fossero stati inclusi 75 ebrei; i condannati alla fucilazione alle Ardeatine erano già stati considerati in gran parte responsabili di gravi reati, e la scelta dei nomi avvenne per soprattutto per influenza della questura di Roma.

Priebke con moglie e figli

Non è da dimenticare, poi, che Erich Priebke non è neppure paragonabile a quei militari americani che uccisero oltre 200.000 civili giapponesi con le atomiche su Hiroshima e Nagasaki, ed ai militari angloamericani che rasero al suolo la tedesca Dresda uccidendo anche qui circa 200.000 civili (mentre alle Ardeatine non vennero uccisi bambini e donne). Questi sono solo alcuni esempi, tra i tanti possibili, di atroci crimini impuniti, compiuti, inoltre, mentre si negoziava un cessate il fuoco, pur di imporre contro Giappone e Germania capitolazioni incondizionate. Così, anche per risparmiare vite di militari, non si esitava ad ordinare inimmaginabili eccidi di civili. Tornando alla rappresaglia, essa era talmente diffusa tra gli eserciti, da essere praticata addirittura in proporzione di cinquanta ad uno (ad esempio, questa proporzione, o meglio sproporzione, fu regola dell'esercito francese contro i tedeschi). Con questo non si vuole affermare che crimini ci siano stati solo da una parte, ma si vuole contestualizzare certe vicende, quale regola di irrinunciabile equità. Numerose, poi, le irregolarità nell'iter giudiziario del processo Priebke, a cominciare dalla estradizione contraria alle leggi argentine, ma ugualmente attuata su pressione del corrotto presidente Menem (secondo molte testimonianze, in tal modo Menem evitò di collaborare ad indagini su desaparecidos italiani in Argentina), passando per il vergognoso assedio, durato otto ore, e guidato da estremisti sionisti della comunità ebraica (alle Fosse Ardeatine furono fucilati 75 ebrei, ed alcuni esponenti della comunità ebraica erano favorevoli ad estradare Priebke per impiccarlo in Israele) contro il Tribunale militare di Roma, presieduto dal giudice Quistelli, che, pur avendo condannato Priebke per omicidio, aveva considerato il reato estinto per intervenuta prescrizione, considerate pure le attenuanti riconosciute.

Ci fu, poi, il riarresto, ordinato dal ministro della Giustizia Giovanni-Maria Flick, subito dopo la prima sentenza, motivato con la richiesta di estradizione da parte della Germania, e tale riarresto fu poi considerato illecito dalla Corte Costituzionale. Si riuscì, così, per la pressione di pochi estremisti violenti (quattro carabinieri furono feriti) ad evitare che Priebke tornasse in libertà, ed addirittura, poco dopo, ad annullare la sentenza del Tribunale, con la motivazione che Quistelli avesse giè aprioristicamene deciso duna condanna lieve. Nella vicenda giudiziaria c'è da ricordare che furono presentati documenti di origine spuria, tra i quali una fotografia della scuola tedesco-argentina di Bariloche, nella quale Priebke aveva un importante ruolo culturale con la bandiera con svastica, mentre la foto risaliva agli anni trenta, quando ogni edificio tedesco doveva esporre la croce uncinata; si presentò poi un documento riguardante l'arresto di un ebreo (poi peraltro rilasciato) il cui arresto si voleva attribuire a Priebke, ma sul quale il cognome del militare tedesco risultava erroneamente con due 'b', ed altro ancora (si tratta di un foglio attribuito all'Aussenkommando Roma, ma senza i simboli del comando tedesco...).

Erich Priebke da giovane

C'è da ricordare, poi, che, anche per tentare di stornare l'attenzione da simili abusi, erano state formulate contro Priebke accuse di torture, di deportazione di ebrei, di compilazione di liste di indesiderati dal regime da arrestare, di conti segreti in Svizzera, di responsabilità nell'uccisione del sindacalista socialista Bruno Buozzi durante l'eccidio della Storta, di ricatti sessuali verso donne di partigiani, di essere responsabile dell'uccisione dei cinque ostaggi in più, di finanziamento di organizzazioni neonaziste, di aver consigliato dittatori sudamericani. Tutte queste accuse si rivelarono del tutto false, ma la quasi totalità della stampa, a suo tempo, le aveva diffuse con titoli cubitali, senza avanzare dubbi (addirittura, alla RAI sorse una polemica per non versare il contributo pattuito per un'intervista a Priebke). Spesso, poi, Priebke non veniva più neppure chiamato per nome e cognome sui giornali, ma semplicemente "Il boia di via Tasso", ed a volte, per fare prima, semplicemente "Boia". E' chiaro che un essere umano rischi di perdere la fede quasi in qualunque cosa, di fronte a tale accanimento. Inoltre, era particolarmente chiaro che Erich Priebke fosse estraneo a quelle accuse, soprattutto per il fatto che egli non si fosse nascosto nel dopoguerra, tenendoci ad usare i suoi veri nome e cognome: in Argentina, terra nella quale Priebke era emigrato nel dopoguerra, non molti anni dopo l'eccidio delle Fosse Ardeatine, egli aveva concesso addirittura una intervista ad un giornale italiano, durante la quale raccontava del proprio ruolo in quell'episodio di rappresaglia.

Priebke, poi, aveva anche chiesto un risarcimento danni alle autorità italiane, per dei beni persi durante un bombardamento (il risarcimento non gli venne concesso per il molto tempo trascorso, ma è importante sottolineare che Priebke avesse fatto quella richiesta adoperando le proprie vere generalità). Ancora, Priebke era tornato due volte, da turista, in Italia, senza nascondersi, e toccando anche Roma.... Comunque, il secondo processo nei suoi confronti si concluse con una condanna a quindici anni (in entrambi i processi, quindi, egli era stato giudicato, in proporzione ai ruoli ricoperti, più severamente dello stesso colonnello Kappler). Tuttavia, considerando le attenuanti generiche, la carcerazione preventiva già subita, il periodo patito in un campo di concentramento inglese nel dopoguerra, gli erano rimasti solo pochi mesi da scontare. Si era deciso, con un patto tra accusa e difesa, di fermare lì l'iter giudiziario, ma, poi, evidentemente dall'alto, l'accordo era stato fatto saltare, ed il terzo processo si era concluso addirittura con la più severa delle condanne previste dall'ordinamento italiano: l'ergastolo. Da notare, poi, che all'ergastolo fu condannato anche il maggiore delle SS Karl Hass, precedentemente condannato a dieci anni (tutti condonati) e prima ancora neppure imputato. Hass, infatti, anch'egli esecutore delle fucilazioni alle Fosse Ardeatine, all'inizio doveva essere usato dal Pm Intelisano quale teste dell'accusa, ma, dato che questi aveva sostanzialmente scagionato Priebke da accuse poi rivelatesi false, era stato imputato e condannato. Eppure, Hass mai si era nascosto e mai aveva negato il suo ruolo nella strage delle Fosse Ardeatine, e lo stesso Intelisano aveva dichiarato che, dato l'esito del processo Kappler, Hass non avrebbe avuto da temere in merito alla vicenda delle Ardeatine. Da notare, poi, che nel terzo processo fu impedito di testimoniare a Maria-Pia Fonsi Ales, che rese noto l'intervento di Priebke, il quale contribuì al rilascio del padre, arrestato per attività connessa ai nuclei partigiani; questa è una delle tante circostanze molto gravi verificatesi durante tutta la vicenda giudiziaria. Erano stati ammessi, invece, specie durante il primo processo, moltissimi testimoni poi rivelatisi inattendibili e perfino mitomani: ad esempio, ci fu chi parlò ancora delle unghie strappate al colonnello monarchico partigiano Montezemolo, nonostante fosse noto dagli anni quaranta che l'episodio delle unghie strappate fosse stato una falsificazione giornalistica. Alcuni parenti non ebrei di vittime delle Ardeatine ritirano la costituzione di parte civile contro Priebke, ritenendolo un perseguitato, ma questo loro coraggioso atto non cambiò le cose. E ci sono poi da ricordare gli abusi subiti da Erich Priebke durante la carcerazione preventiva e perfino in ospedale, con l'acqua solo gelata per lavarsi ed altro ancora, mentre, quando era già agli arresti domiciliari a casa dello stesso Giachini, gli fu impedito per quattordici giorni di farsi curare un mal di denti.... Lo stesso Giachini fu bersagliato di insulti per avere ospitato Priebke (del resto, già a suo tempo, diversi avvocati di parte civile avevano insultato l'imputato Priebke in modo francamente inaccettabile). Eppure, Erich Priebke ha conservato la sua dignità, e probabilmente è proprio questo che ha irritato in tanti. Non è certo facile, infatti, non lasciarsi andare, nel momento in cui a Priebke è stata negata anche la sospensione della pena per motivi legati alle sue condizioni fisiche (come la legge invece prevede) ed addirittura gli è stato negato l'indulto (nonostante nel secondo dopoguerra ci fossero state amnistie sia verso partigiani sia verso fascisti), solo per il fatto che egli non fosse cittadino italiano (mentre per chi è stato artefice della tragedia delle Foibe l'indulto è stato valutato diversamente). Non è quindi certo per aderire a credi razzisti(il razzismo è tra i peggiori mali) che si evidenziano queste circostanze in difesa di Erich Priebke, ma è proprio contro la discriminazione subita dallo stesso Priebke che è giusto farsi sentire. Il caso Priebke è particolarmente grave, in quanto è avvenuto in tempi di democrazia: è la riprova che, prima ancora di un sistema democratico, siano da proporre principi radicalmente umanistici, che facciano sì che una democrazia non si pieghi a certe lobbies. Il dramma di Erich Priebke consiste soprattutto nel fatto che egli si sia trovato quasi completamente solo ed inerme di fronte ad immensi apparati senza scrupoli. Ad esempio, invece, i palestinesi, pur vittime di gravissime ingiustizie, hanno di più una "rete di protezione", dato l'appoggio del mondo arabo-mussulmano, di altri settori del Terzo mondo, di certi ambienti cristiani, di movimenti di estrema sinistra e di estrema destra.... Al di là di fedi politico-religiose ed appartenenze etniche è giusto che valgano i diritti umani, ma nei fatti, di solito, ci si aiuta tra simili, ed Erich Priebke è "diverso" quasi rispetto a chiunque. C'è da sperare che qualcosa sia ancora possibile fare per restituire ad Erich Priebke la libertà e permettergli di ricongiungersi agli affetti familiari (e, ricordiamo, il presidente Menem volle porre difficoltà anche a questo ricongiungimento, adoperandosi per impedire il ritorno di Priebke in Argentina). Nella speranza, quindi, che Priebke possa tornare alla libertà ed alla famiglia, si può intanto affermare che il libro sia importantissimo quale pro memoria per la storia: adesso si è ancora come in un lunghissimo dopoguerra per cui c'è il rischio che l'Autobiografia non riceva l'adeguata considerazione, ma nel futuro c'è decisamente da sperare che questo volume riceva tutta l'attenzione che senz'altro merita.

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Articolo contro le calunnie

[Questo articolo è stato pubblicato sui seguenti giornali: L'Altra Voce, il Quotidiano di Caserta, Rinascita, Ciaoeuropa]



Antonella Ricciardi